Titolo: Fight for life
Serie: Die Love Rise #2
Autrice: Rosa Campanile
Editore: Self-publishing
Genere: Romance Post-apocalittico
Pagine: 232
Euro: 1,99 (ebook)
Cover: Dedalo MADE
Data di uscita: 30 Ottobre 2017
Trama:
Intrappolata a Cincinnati con altri sopravvissuti, Natalia Landreaux è disposta a tutto pur di non morire divorata dagli infetti che hanno distrutto la civiltà, anche correre rischi indicibili per trasmettere un ultimo, disperato messaggio d'aiuto. In pericolo non c’è solo la sua vita, ma anche il prezioso lavoro del fratello Edoardo.
La richiesta di soccorso giunge appena in tempo e mette in crisi il genio informatico Joe Collins. La vita di Joe insieme alla sua nuova famiglia nella Città Sicura di Leons Town è tranquilla, quasi perfetta, ma la missione di salvataggio che richiama in campo lui e Panzer dopo un lungo periodo di assenza, rischia di frantumare quel fragile equilibrio a cui tiene tanto. Eppure, nonostante le perplessità, Joe sa qual è la cosa giusta da fare.
Mentre un nemico più pericoloso e scaltro che mai si prepara ad attaccare, ombre del passato minacciano di distruggere la normalità tanto inseguita da Joe e Natalia. Non sarà facile affatto facile far funzionare la loro strana relazione in un mondo invaso dagli zombie mutanti. Per riuscirci, dovranno solo ricordare che vale sempre la pena combattere per vivere e per amare.
Cosa penso:
Ed
eccomi qui a distanza di pochi giorni dalla pubblicazione della mia recensione
di “Die Love Rise” (click sul titolo per
leggerla) per parlarvi del secondo romanzo della serie Die Love Rise di Rosa Campanile: “Fight for Life” è il
titolo della sua ultima opera.
“Fight
for Life” pur facendo parte
della stessa serie di “Die Love Rise” è in realtà un
romanzo stand alone che può
tranquillamente essere letto e compreso anche se non avete letto il primo
capitolo della serie, tuttavia io consiglio sempre di rispettare l’ordine
di uscita per evitare di perdersi qualche pezzetto per strada.
In
“Die
Love Rise” abbiamo conosciuto Sophie Warden e Clive Hudson, due
personaggi che ritroveremo spesso anche tra le pagine del nuovo romanzo, anche
se non sono più loro i protagonisti indiscussi. Infatti, la storia che ci viene
narrata è quella della new entry Natalia Landreaux e l’adorabile nerd Joe
Collins. Personaggio che mi aveva incuriosita tantissimo nel primo libro e che
non vedevo l’ora di conoscere meglio.
Sono
passati circa tre anni dagli accadimenti di “Die Love Rise”, il mondo
è ancora sconvolto e provato dall’epidemia che ha decimato la popolazione;
uccidendo gli uomini o, nelle condizioni peggiori, trasformandoli in esseri
assetati di sangue temibili e mostruosi.
Ora
la maggior parte dei sopravvissuti sta cercando di reagire e oggi molti di loro
vivono in luoghi sicuri. Cittadine nuove di zecca protette da mura
elettrificate pensate appositamente per tenere i mutanti lontani. Luoghi dove
gli esseri umani cercano disperatamente di lasciarsi il dolore alle spalle e
cercano di ricominciare da capo una nuova vita.
Ricominciare
da zero è proprio quello che hanno fatto Clive e Sophie e quello che sta
cercando di fare anche Joe Collins.
Anche
Joe ha perso tutto a seguito dell’epidemia, ma ora sta cercando di ricostruire
disperatamente una nuova vita insieme ai suoi migliori amici che per lui sono
come una famiglia.
Da
tre anni Joe vive a Leons Town, ha trovato una normalità che non ha mai
realmente voluto nella sua vita pre-epidemia, ma di cui ora ha un bisogno disperato.
Il mio più grande rimpianto? Quella cazzo di normalità che non ho mai voluto sperimentare. La possibilità di vivere una vita normale prima che quel dannato virus spazzasse via ogni cosa e distruggesse la mia esistenza.
Oggi
Joe è il responsabile della sicurezza dei Leons Town, è colui che, come una
sorta di grande fratello, osserva e controlla dietro al monitor del suo
tecnologico tablet che tutto fili liscio e senza intoppi.
Improvvisamente, la normalità faticosamente conquistata viene letteralmente smantellata da una
richiesta di SOS che non può essere ignorata.
Diciassette
civili sono in pericolo, minacciati dai mutanti che si avvicinano sempre di più
al luogo in cui sono nascosti. A lanciare l’allarme è Natalia Landreaux,
reclusa nei laboratori della Pharmacom.
Il
responsabile della Pharmacom ,un uomo troppo egoista e orgoglioso per chiedere
aiuto, ma Nat non può morire. Il suo adorato fratello le ha lasciato un eredita
troppo grossa e che deve essere condivisa con il mondo intero perché
rappresenta la sola e unica speranza per l’umanità.
Così
Natalia decide di chiedere aiuto. Richiesta che viene accolta da Panzer – alias
Clive Hudson – e la sua squadra. Una richiesta che Panzer non può ignorare
perché disposto a rinunciare a tutto pur di salvare dei civili in pericolo.
Fin
dal primo momento in cui Joe e Natalie appoggiano gli occhi l’uno sull’altra
l’attrazione è chiara e lampante, diventa sempre e più forte e incontenibile,
ma tra la minaccia di una attacco di mutanti, pericolose spedizioni armate e
fantasmi del passato che bussano alla porta nel momento più sbagliato, le cose
per loro non sono affatto semplici e
tutto sembra ostacolare il sentimento che potrebbero provare l’uno per l’altra.
Non mi vergognavo ad ammettere di aver perso la testa per quella ragazza. Adoravo i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo. La sua forza. La sua lingua lunga. Non me ne fregava niente che, a conti fatti, ci frequentassimo da poco. Volevo che Natalia diventasse una costante della mia vita, e lo stesso volevo essere io per lei. Era lei che smorzava la mia solitudine e aveva il potere di rubarmi il cuore.
Riusciranno
Joe e la sua Nat a far funzionare la loro relazione?
Per
scoprilo non vi resta che leggere la storia.
Lasciatemi
dire a chiare lettere che ancora, ancora una volta, Rosa Campanile non si è
affatto smentita. Al contrario, ha ampiamente riconfermato l’opinione più che
positiva che avevo di lei.
Nella
recensione di “Die Love Rise” avevo detto che il suo stile non era ancora
maturo al 100%, in quanto avevo notato un bel miglioramento nel suo secondo
romanzo - “Senza fare rumore” (click sul titolo per la mia recensione)
– e non posso che riconfermare quanto detto perché Rosa è migliorata ancora. Il suo stile di scrittura resta sempre
semplice, ma estremamente fluido e scorrevole e il lettore divora una pagina
dietro l’altra ritrovandosi alla fine in un batter d’occhio. La storia è
estremamente coinvolgente e i personaggi sono curati nel dettaglio sia dal
punto di vista fisico che da quello psicologico.
Joe Collins si è guadagnato il titolo di nerd del mio
cuore. Lo trovo adorabile con i suoi
occhioni blu e con la sua passione per i computer e per tutto quello che è
tecnologico.
La sua storia mi ha incuriosita fin da quando ha fatto la
sua prima comparsa nel primo romanzo della serie e conoscerla mi ha spezzato un
po’ il cuore e mi ha fatto sperare ardentemente che avesse anche lui il suo
agognato happily ever after.
Natalia è anche lei una protagonista che mi è piaciuta
tanto, e molto diversa da Sophie, proprio come Joe è diverso da Clive.
Lei non è una protagonista qualsiasi, ho taciuto
moltissime verità su di lei e ovviamente non vi dirò nulla per non rovinarvi la
sorpresa, ma dovete sapere che nonostante tutto ho provato fin dall’inizio una
grande simpatia e un forte moto di tenerezza nei suoi confronti.
Avevo paura di tante cose.Avevo paura dei mostri là fuori che avevano spazzato via la civiltà umana.Avevo paura di stare male. Avevo paura di non riuscire più a respirare normalmente.Ma più di tutto, avevo paura di morire come un topo chiuso in gabbia senza che potessi fare nulla per salvarmi, circondata da persone che disprezzavano me e la mia famiglia.
Nat è una ragazza molto fragile con i suoi
attacchi di panico, la sua paura a dormire da sola e il suo bisogno di avere
costantemente qualcuno al suo fianco, ma non mi ha affatto infastidito vederla
fragile e bisognosa di aiuto, perché in una realtà come quella descritta da
Rosa, trovo che le reazioni di Natalie siano perfettamente naturali e mi è apparsa come una
protagonista reale e vera.
Ho adorato tutti personaggi secondari e la squadra alfa
di Clive, non nego che vorrei un romanzo su ognuno di loro, ma una cosa che
davvero ho adorato e stata trovare Sophie Clive non solo come personaggi
secondari, perché loro hanno un ruolo attivo all’interno del romanzo. Infatti,
un paio di capitoli sono narrati direttamente da Panzer e ci catapultano,
ancora una volta, al centro della loro love story, rubando per un attimo
soltanto la scena ai protagonisti principali.
“Fight
for Life” è prima di tutto un
romanzo rosa, infatti come richiede questo genere la componente romance è
predominante, ma Rosa con grande maestria, lo ha unito agli elementi più tipici
del genere post apocalittico e il risultato è stato sorprendente; un romanzo adattissimo
a quei lettori che cercano attimi di pura adrenalina alteranti a momenti di
folle batticuore.
Personalmente
lo consiglio e spero di leggere al più presto altri libri di questa autrice.
Il Mio Voto:
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LA SERIE DIE LOVE RISE
#1 Die Love Rise (autoconclusivo)
#1.5 Dare to love (novella spin-off)
#2 Fight for life (autoconclusivo)
TEASER GRAFICO
LEGGI IL PRIMO CAPITOLO
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L’AUTRICE
LEGGI IL PRIMO CAPITOLO
NATALIA
12 Aprile 2090 – Cincinnati, Ohio.
«Andiamo, muovitiii…»
Ciò che stavo facendo era di fondamentale importanza. Cascasse il mondo, dovevo riuscire a inviare il messaggio. In teoria di trattava di un’operazione semplice, eppure tante cose potevano andare storte. Con la sfortuna che mi ritrovavo, la connessione online sarebbe saltata prima che il video fosse caricato completamente o che il contenuto arrivasse a destinazione. O peggio ancora, potevo essere beccata da un momento all’altro.
Con il ginocchio destro che saltellava nervosamente su e giù, aspettavo che la barra verde che indicava il caricamento dell’allegato terminasse di riempirsi, mentre pregavo che filasse tutto liscio. Gocce di sudore colavano lungo il collo, ed era colpa dell’ansia che mi attanagliava se mi tremavano i denti, non dell’aria gelata che mi soffiava sulla pelle.
Controllai l’ora. Mi trovavo nell’unica sala computer dell’edificio da soli tre minuti. Troppo pochi per connettere il tablet olografico alla rete, scrivere il messaggio con le coordinate, caricare il video che avevo preparato settimane fa, inviarlo e cancellare le mie tracce. Purtroppo, questa era l’unica chance che avevo e se non ce la facevo oggi, non pensavo avrei avuto una seconda possibilità da sfruttare tanto presto.
Solo quel pomeriggio infatti ero riuscita a recuperare il pass per poter accedere alla sala server, quello di Johnny McKee, che per puro caso – e con caso intendevo una confezione di collirio versata nel suo caffè mattutino – si trovava in infermeria piegato in due per colpa di una brutta indigestione. Era bastato ispezionare la sua giacca, con la complicità di Noah ovviamente, per rubare la sua tessera.
Uno scricchiolio diverso dal tipico ronzare dei computer mi fece sobbalzare nella mia stessa pelle. Accidenti.
Ti prego, fa’ che non sia lui.
Grazie al cielo l’upload dei dati terminò prima che mi venisse un infarto, così riuscii a spedire l’equivalente digitale di un s.o.s. in bottiglia nella vastità del web. Eddie era un genio, aveva un sacco di interessi e mi aveva insegnato un paio di trucchetti base da aspirante hacker che, chi l’avrebbe mai detto, mi erano tornati utilissimi, permettendomi di inviare il mio video messaggio ovunque. Qualsiasi cavolo di dispositivo collegato online lo avrebbe ricevuto.
Una volta finito, disconnessi il tablet dal computer che stavo utilizzando senza averne l’autorizzazione, lo ridussi a una barretta della dimensione di uno snack e lo nascosi nella tasca dei pantaloni. Cancellai ogni traccia del mio passaggio e un minuto dopo ero fuori dalla sala – debitamente chiusa a chiave – a passeggiare nel corridoio per fortuna deserto come se non avessi un solo problema al mondo.
Avrei pure continuato a far finta che fosse la verità, se non fossi incappata in colui che non volevo incontrare.
«Guarda guarda chi abbiamo qui. La piccola Natalia.»
Gavin Tursten si avvicinò con un sorrisino allegro stampato in faccia. Come tutti gli abitanti del complesso, indossava una maglietta a maniche corte e dei pantaloni neri che ne esaltavano il fisico longilineo e muscoloso, il suo vanto maggiore oltre all’amatissimo ciuffo di capelli neri tenuto all’insù. Alla cintura portava appese due pistole semiautomatiche e un manganello elettronico, oggetti che, a differenza dei vestiti, non tutti possedevamo purtroppo.
«Tursten.» Lo salutai solo perché dovevo. Feci per oltrepassarlo, ma per mia sfortuna lui si spostò di lato, bloccandomi il passaggio. Merda.
Mi sforzai di restare calma. Se avesse scoperto cosa aveva appena combinato, me l’avrebbe fatta pagare cara, non avevo dubbi. Dietro la falsa educazione e l’atteggiamento spavaldo di chi sa di essere in cima alla catena di comando, Gavin Tursten era una iena spietata e crudele. Se gli lasciavo anche solo intuire che riusciva a intimorirmi (e per quanto avessi voluto negarlo, ci riusciva eccome), ne avrebbe approfittato alla grande e io non potevo permettermi di soccombere. La vita era troppo breve per lasciarsi comandare a bacchetta da un bulletto troppo cresciuto, e comunque, nel nostro mondo esistevano pericoli peggiori di lui.
«Ehi, ehi, quanta fretta! Perchè non resti a farmi compagnia?»
«Mi spiace» risposi con il tono più compassato che mi riusciva di fare. «Noah mi sta aspettando, devo dargli una mano per l’inventario e sono già in ritardo.»
«Sempre dovere e mai piacere, eh. Che peccato» replicò Tursten sembrando dispiaciuto. Quasi dispiaciuto. Si accostò un altro po’ – il concetto di spazio privato non esisteva per lui – tanto che la punta del suo naso arrivò a un soffio dalla mia guancia. Con la coda dell’occhio vidi che si leccava le labbra e un brivido di paura mi fece irrigidire.
Sapevo di piacergli. No, piacergli non era la parola giusta: lui mi voleva. Desiderava possedermi come si possiede un oggetto, come l’ennesimo simbolo di uno status quo all’interno della nostra piccola comunità che solo per lui contava veramente qualcosa. Gavin era consapevole di non potermi avere, non nello stesso modo in cui aveva avuto Pam e le altre che erano passate nel suo letto, più o meno volontariamente, e ciò lo infastidiva parecchio. Ma finché lui e tutti gli altri pensavano che stessi con Noah, che reggeva il gioco per proteggermi, sarebbe andato tutto bene. Almeno speravo.
E se quel cavolo di messaggio fosse arrivato dove doveva arrivare, ero sicura che non saremmo rimasti in questa claustrofobica prigione ancora a lungo, così non avrei più dovuto preoccuparmi di Gavin e delle sue occhiate viscide.
«Magari la prossima volta, che ne dici?» continuò lui, data la mia mancanza di reazioni. «Non riusciamo mai a passare un po’ di tempo soli io e te…»
Neanche morta. Preferivo mille volte andare a cena con un mutante, piuttosto che trascorrere di mia spontanea volontà del tempo con Gavin.
Non diedi una vera risposta alla sua proposta. «Devo andare.» I suoi occhi neri, che avrebbero potuto essere belli se non fosse stato per quella scintilla di crudeltà a malapena celata, mi percorsero avidi e indecenti, soffermandosi con insistenza sul mio seno. «Noah mi aspetta» ripetei, respirando piano, nel timore che potesse notare il cordoncino che portavo al collo al momento nascosto sotto la camicia.
«Quello stupido secchione» commentò Gavin con un mezzo ghigno cattivo. «Prima o poi ti deciderai a stare con un vero uomo. E ti piacerà così tanto che non potrai farne più a meno.»
Repressi un conato di vomito. «Stai insinuando che Noah non lo è?» replicai, sbagliando. Accidentaccio a me, perché gli stavo dando corda?
La mia reazione sembrò divertirlo. «Piccola», mormorò mentre con l’indice spostava una ciocca dei miei capelli sfuggita all’elastico, «sappiamo tutt’e due che non è un vero uomo uno a cui piace succhiare il cazzo.»
Odiavo che mi chiamasse piccola, che fosse un omofobo di merda e uno stronzo arrogante. Ma più di tutto, odiavo che mi toccasse.
E pareva che Gavin sapesse che lo detestavo, ma evidentemente non gliene importava un cazzo.
«Quando sarai pronta per farti scopare come si deve, bussa alla mia porta.» Mi fece l’occhiolino e, senza aspettare una risposta, si mise da parte per lasciarmi passare.
Finalmente potei tornare a respirare. Purtroppo non andai molto lontano che Tursten mi fermò di nuovo.
«Natalia?»
Mi voltai a guardarlo, restando in silenzio. Cos’altro voleva ancora?
«Per quanto mi piaccia vedere il tuo bel culetto, non voglio più beccarti a gironzolare in quest’ala. È un’area riservata, e lo sai benissimo. Potrei non essere gentile, la prossima volta.» Passò con lentezza il palmo sulla cintura, a ricordarmi che solo uno tra noi due era armato e privo di scrupoli. «Mi hai capito bene, piccola?»
Annuii una sola volta. Feci un passo indietro, poi un altro e infine mi voltai per andarmene. Il peso del suo sguardo dietro la schiena indugiò anche quando ormai ero più che certa che Gavin non mi stesse guardando.
Camminai piano fino a quando non fui fuori dall’area server, poi salii spedita al piano dove si trovavano le camere. Sarei dovuta passare prima in infermeria da Noah, per rimettere a posto il tesserino di McKee, ma dovevo ricompormi e potevo farlo solo una volta chiusa a chiave nella sicurezza della nostra stanza.
Ora che non c’era più l’adrenalina a sostenermi, crollai. La calma che avevo indossato come una maschera si lacerò di netto, la tensione di quella situazione impossibile esplose e io caddi sul pavimento rivestito da una moquette spessa e scura. Mi stesi di schiena, con un palmo aperto sul petto. Cominciai ad ansimare forte intanto che copiose lacrime mi offuscavano la vista, prima di colare giù verso le tempie, bagnandomi i capelli.
Inviando quel messaggio d’aiuto avevo disobbedito agli ordini diretti di Tursten, e non dubitavo neanche per un istante che l’avermi beccata dove non dovevo essere l’avesse insospettito. Ma d’altronde, pur sapendo che rischiavo grosso, l’avrei fatto di nuovo. Ancora e ancora.
Non dovevo temere Gavin, ricordai a me stessa mentre incameravo grandi boccate d’ossigeno, e sì che avevo paura di tante cose.
Avevo paura dei mostri là fuori che avevano spazzato via la civiltà umana.
Avevo paura di stare male. Avevo paura di non riuscire più a respirare normalmente.
Ma più di tutto, avevo paura di morire come un topo chiuso in gabbia senza che potessi fare nulla per salvarmi, circondata da persone che disprezzavano me e la mia famiglia.
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L’AUTRICE
Rosa Campanile è una ragazza come tante. Ama follemente la sua famiglia e i suoi due gatti, adora la buona cucina e preparare dolci per le persone che ama. La sua grande passione è la lettura e nel 2014 ha fondato il lit-blog Briciole di Parole, dove parla dei molti libri letti e dei tanti altri che le allungano la wish list. Nel 2016 ha esordito come autrice self con il romance post-apocalittico Die Love Rise, a cui ha fatto seguito la novella Dare to love e il romanzo Fight for life. Senza fare rumore invece, è il primo volume stand-alone della serie contemporary romance Sweet Surrender, di cui sono previsti altri due romanzi in arrivo per il 2018.
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Frencyyyy, grazie, grazie, grazie!!! Sono contenta che Joe non abbia deluso le tue aspettative, che Nat ti sia piaciuta e anche ritrovare Sophie e Clive, ma soprattutto che tu abbia notato un miglioramento nella mia scrittura, cosa a cui tenevo tantissimo. Le tue parole mi fanno bene al cuore, credimi. Grazie per avermi su(o)pportato in questo mese pieno di impegni, lo apprezzo tanto. Un bacioneee :*
RispondiEliminaCiao Rosa,
Eliminaho un debole per i nerd ed ero certa che Joe mi avrebbe conquistata <3 e Sophie Clive avranno sempre un posticino speciale nel mio cuore.
Il miglioramento l'ho notato eccome, il tuo stile di scrittura mi piace sempre di più.
E' stato un vero piacere collaborare con te e sono sempre disponibile nell'aiutare autrici italiane, soprattutto se piene di talento come te! Alla prossima, un bacione!